domenica 30 marzo 2008

Anigridi

Anigridi
(Mitologia Grec).
Ninfe che abitavano presso il fiume Anigro, nell’Elide. Avevano il potere di conferire proprietà terapeutiche alle acque del fiume, che erano state infettate dai Centauri, dopo che questi vi avevano lavato le ferite ricevute dalle frecce avvelenate di Eracle.

Ànnio o Ànio

Ànnio o Ànio
(Mitologia Greca).
Re di Delo e gran sacerdote di Apollo. Aveva quattro figlie alle quali Dioniso aveva accordato il potere di mutare in vino, biada e olio tutto ciò che toccavano, e, rac-conta OVIDIO Metamorfosi, XIII, 654-674):
quel dono le arricchiva. Ma quando ciò seppe l’Atride distruttore di Troia, strappò dal grembo del padre le figlie che malvolentieri lo seguirono, e comandò loro che nutrissero l’esercito greco con il dono celeste. Fugge ognuna dove può; due ncll’Eubea, le altre presso il fratello Andro. Il nemico le raggiunge e minaccia la guerra se non si restituiscono le fanciulle. La paura vince la pietà, e il fratello abbandona le sorelle, ma gli si può perdonare per il suo terrore: non c’erano né Enea né Ettore che potessero difendere Andro. Ormai le catene erano pronte per loro. Esse, alzando le braccia ancora libere al cielo: «Aiuto, padre Dioniso! >, dissero, e il benefattore concesse il suo aiuto, se può considerarsi aiuto l’uccidere in strana maniera. Non si è mai saputo come perdessero la forma umana, è nota sol-anto la loro grande sventura: presero le penne e divennero bianche colombe.

Angus

Angus
(Mitologia Geltica)
Per le prime popolazioni celtiche di origine danese che si stanziarono in Irlanda era il dio dell’amore, considerato figlio di Dagda e fratello di Brigit, dea della sapienza e della poesia.

Angltia

Angltia
(Mitologia Romana).
Divinità venerata dai Marsi, che la invocavano contro le malattie, poiché aveva insegnato loro l’uso delle erbe medicinali. Secondo alcuni, A. fu la prima ad estrarre il veleno dalle erbe. Le erano sacri i serpenti di cui guariva le morsicature.

Annona

Annona
(Mitologia Romana).
Dea dell’abbondanza e degli approvvigionamenti, da non confondersi con la dea Abbondanza, in quanto A. presiedeva ad una sola stagione. Veniva rappresentata con delle spighe in mano.

Anshàr

Anshàr
(Mitologia Assira.).
Dio delmondo celeste e il principio generativo maschile mentre la sorella e moglie Kishar personificava il mondo terrestre e il principio generativo femminile. Queste due divinità che costituivano la coppia primordiale della mitologia caldeo-assira avevano per genitori i favolosi serpenti Lakhmu e Lakhamu e generarono Amu.

Antiloco

Antiloco
(Mitologia Greca).
Figlio di Nestore e di Euri-dice, era amico affezionatissimo di Achille, oltreché valoroso guerriero ed atleta. Fu ucciso da Memnone nell’eroico tentativo di salvare il padre. Ebbe sepoltura sotto lo stesso tumulo con Achille e Patroclo.
OMERO: Iliade, Iv, Xv, xvii, xvii, xxii.

Antigone

Antigone
(Mitologia Greca).
Figlia di Edipo e di Giocasta. Creatura dolcissima nella sua pietà filiale e nello spirito di sacrificio costantemente celebrato dal mito che di lei parla. Accompagnò il padre cieco e mendico fino a Colono e tornata poi con Ismene a Tebe, nonostante la proibizione di Creon-te, re di Tebe e suo zio, volle dare sepoltura al cadavere del fratello Polinice.
Condannata per la sua disobbedienza ad essere sepolta viva preferi strangolarsi. Fu amata da Emone. Altri nar-rano che Creonte aveva ordinato ad Emone di eseguire la condanna a morte di A., ma il giovane, che l’amava da molto tempo, la fece nascondere presso alcuni pastori, ed in seguito ebbe da lei un figlio (Meone od Eone), il quale, cresciuto in età, si distinse nei pubblici giochi. In tale occasione Creonte rintracciò A. e la fece seppellire viva, ed Emone, per il dolore, si uccise sulla tomba di lei.
SOFOCLE: Antigone; Edipo a cotono; STAZIO: Tebaide, XII; SENECA: Le
Fenicie; L. ALEMANNI: Antigone; P. METASTASIO: Antigone; v. ALFIERI:
Antigone; Polinice; G. CARDUCCI: Odi barbare: Presso l’urna di Percy
Bysshe Shelley .

Antesterione

Antesterione.
Cosi si chiamava l’ottavo mese dell’anno attico: comprendeva il periodo che va dal 15 febbraio al 15 marzo.

Antestérie

Antestérie.
Feste ateniesi in onore di Dioniso e dei morti, che si celebravano nei giorni i 11, 12 e 13 del mese di Antesterione (febbraio-marzo). Nel primo giorno si aprivano le botti del vino; nel se-condo si faceva a gara a chi ne beveva di più, e il vincitore era incoronato di edera; il terzo giorno era dedicato a gite in campagna, e si esponevano pentole colme di legumi che dovevano servir di cibo alle anime dei defunti, le quali, secondo la credenza, vagavano quel giorno sulla terra. Durante il periodo delle A. erano i padroni a servire gli schiavi.

Antesforie.

Antesforie.
Feste che si celebravano in Sicilia in onore di Persefone all’inizio della primavera. Erano cosi chiamate per ricordare che la dea era stata rapita da Ades mentre era intenta a coglier fiori.

Antifate

Antifate
(Mitologia Greca).
Re dei Lestrigoni, giganti antropofagi di cui parla OMERO (Odissea, X). Divorò uno dei compagni di Ulisse e, con l’aiuto dei suoi sudditi, fece affondare molte navi della flotta dell’eroe, colpendole con enormi massi.

Anticlea

Anticlea
(Mitologia Greca).
Figlia di Autolico, moglie di Laerte e madre di Ulisse. Parecchi autori con-cordano però nell’affermare che padre di Ulisse fu Sisifo figlio di Eolo, il quale, adirato per i con-tinui furti di bestiame operati da Autolico, ne violentò la figlia mandandola sposa già incinta di Ulisse a Laerte. Secondo alcuni A. si uccise quando le pervenne la falsa notizia della morte del figlio;
secondo OMERO (Odissea, XI, 261-264) invece mori di dolore:
ma il desio di vederti, ma l’affanno
della tua lontananza, ma i gentili
modi e costumi tuoi, nobile Ulisse,
la vita un di si dolce hannomi tolta.

Anna Perenna

Anna Perenna
(Mitologia Romana).
Era considerata la dea che presiedeva al corso dell’anno, o, più propriamente, al perpetuo rinnovarsi dell’ anno. Non manca chi nell’espressione « ut annare perenna-reque commode liceat » (sia concesso di ben iniziare l’anno nuovo e meglio condurre a termine l’anno uscente), vuoi ritrovare l’origine del suo nome. La tradizione più comune la identifica con Anna, sorella di Didone, che dopo la tragica morte di questa, si rifugiò a Malta, presso il re Batto, per sfuggire al fratello Pigmalione. Nuovamente costretta a prendere il mare, naufragò sulle coste del Lazio dove, amorevolmente ospitata da Enea, suscitò la gelosia della moglie Lavinia. Didone, apparsale in sogno, la esortò ad abbandonare la casa ospitale, e al-lora, come dice OVIDIo (Fasti, III), si crede che il cornigero Numicio l’abbia rapita con le sue onde impetuose e l’abbia nascosta nei suoi antri.

Bibliografia:
Macrobio: Saturnali, I; METASTASIO: Didone abbandonata.

Antevorta

Antevorta
(Mitologia Romana).
Insieme con Postvorta, era ministra della dea Carmenta. Queste divinità venivano invocate dalle partorienti, con riferimento alle due principali posizioni con le quali si presenta il feto al momento della nascita. Era inoltre considerata la dea del passato, come Postvorta era quella dell’avvenire.

Anteros

Anteros
(Mitologia Greca).
Dio dell’amore reciproco, figlio di Ares e di Afrodite. Alcuni autori considerano A. il dio che si oppone agli amori contro natura, altri il vendicatore dell’amore disprezzato, altri infine il dio dell’amore volubile. Aveva altari in molte città della Grecia.

Amalivaca

Amalivaca
(Mitologia del sud America).
Divinità onorata dagli antichi abitanti del Venezuela quale protettrice delle messi.

Ama

Ama
(Mitoligia Giapponese).
Con questa parola i Giapponesi indicano la dimora degli dei celesti, simile geograficamente al Giappone, e un tempo unita alla terra mediante il ponte Ama no Hashidate, di cui gli dei si servivano per scendere sulla terra e risalire in cielo.

Altgirra

Altgirra
(Mitologia dell'Oceania).
Una delle principali divinità degli Arunta, popolazione dell’Australia centrale; dimora in cielo attorniato da un gran numero di mogli e di figli, che, come lui, hanno zampe di emù. La sua voce è il tuono.

Altea

Altea
(Mitologia Greca).
Figlia di Testio e di Euritemi, sposò Oeneo, re di Calidone, e da lui ebbe Tideo, Deianira e Meleagro. Quando quest’ultimo nacque, le Moirai posarono un tizzone acceso sul focolare di A., dicendo alla donna che il piccino sarebbe vissuto finché quel tizzone non si fosse consumato. La madre si affrettò a togliere dalle fiamme il pezzo di legno acceso, e, dopo averlo spento, lo custodi gelosamente. Meleagro era già giovinetto quando, un giorno, si dimenticò di sacrificare ad Artemide (altri dicono che sia stato il padre a trascurare il sacrificio) e la dea, indispettita, inviò in Calidonia un enorme e selvaggio cinghiale che prese a devastare il paese.
Alcuni principi greci, e fra questi Meleagro e i suoi zii materni, si accordarono per uccidere il cinghiale. Una giovinetta, Atalanta, fu la prima a colpire la fiera, e perciò a lei Meleagro offri la pelle e la testa del cinghiale ucciso. Di ciò si offesero i fratelli di A.; ne nacque una lite, e Meleagro, in un impeto di ira, uccise gli zii. A. quando conobbe la tragica fine dei suoi fratelli, fu colta da disperazione, e dopo una lunga e dolorosa lotta interna fra l’amore materno e il desiderio di vendicare i propri congiunti, gettò sul fuoco il fatale tizzone al quale era legato il destino del figlio, e lasciò che vi si consumasse. Più tardi A., lacerata dal rimorso, si uccise.

Altémene

Altémene
(Mitologia Greca).
Figlio di Catreo (o Cra-teo). Poiché l’oracolo aveva predetto al padre che sarebbe stato ucciso da uno dei suoi figli, A., unico maschio, dopo aver dato in moglie le proprie sorelle a principi stranieri, andò volontariamente in esilio per evitare che la predizione si avverasse. Ma Crateo, mal sopportando la lontananza del figlio, si imbarcò e parti alla sua ricerca. Nelle sue peregrinazioni approdò all’isola di Rodi, dove A. viveva, e qui fu ridotto in fin di vita da una freccia lanciatagli dal figlio che lo aveva scambiato per un nemico. Accortosi dell’errore, A., disperato, pregò gli dei affinché la terra gli si aprisse sotto i piedi e lo inghiottisse, e fu esaudito.

Amadriadi

Amadriadi
(Mitologia Greca).
Ninfe delle foreste e dei boschi, la cui esistenza era legata alla vita delle piante, particolarmente a quella delle querce, con le quali esse nascevano e con le quali morivano, a differenza della Driadi, che erano immortali. Grate a chi risparmiava le piante, punivano se-veramente chi invece le abbatteva e le danneg-giava, accorciando la loro vita.

Amaltea

Amaltea
(Mitologia Greca). Nome della capra che al-lattò Zeus, quando ancora infante venne dalla madre Rea affidato alle cure delle ninfe Melissa o Ida e Adrastea, per sottrarlo alla voracità di Crono. Secondo una leggenda A. sarebbe stata la ninfa che fece allattare il nume da una capra.
OVIDIO (Fasti, V, 115 e segg.) e con lui altri autori posteriori, danno invece la seguente inter-pretazione del mito:
Si racconta che la Naiade Amaltea, che l’Ida di Creta rese famosa, occultasse Zeus nelle selve. Amaltea possedeva una bella capra, madre di due capretti, la quale costituiva l’ornamento delle mandre di Ditte (città dell’isota di Greta) per le superbe corna ricurve all’indietro, e per le mammelle, degne della nutrice di Zeus. La superba bestia allattava il dio, ma spezzatosi un corno urtando contro un albero, perse metà della sua bellezza.
Il corno fu raccolto dalla ninfa che, ornatolo con fresche erbe e colmatolo di frutta, lo porse a Zeus. Questi, quando divenne re del cielo e occupò il trono paterno e nessuno era piò potente di lui, pose la nutrice fra le costellazioni e rese fecondo il suo corno che, ancora oggi, porta il nome di chi ne ebbe ornata la fronte.

Amano

Amano
(Mitologia Persiana).
Divinità venerata dagli antichi Persiani, che la identificavano con il Sole.
Nel suo tempio i sacerdoti dovevano sempre mantenere acceso il fuoco.

Alséidi

Alséidi
(Mitologia Greca).
Ninfe dei boschi, le quali talvolta spaventavano i viandanti che attraversavano le foreste (dal greco disos = bosco).

Ameshaspenta

Ameshaspenta
(Mitologia Persiana).
Cosi i Persiani chiamavano sei benevoli geni, o santi immortali, protettori degli uomini onesti e buoni, che risiedevano intorno al grande Ormuzd e l’aiutavano nella lotta contro Ahariman. Essi si chiama-vano Asha (la giustizia), Vohu Mana (il buon pen-siero), Kshatra (il dominio divino), Armaiti (l’umiltà), Haurvatat (la salute derivante da una coscienza tran-quilla) e Ameretat (l’immortalità). Ciascuno di essi era preposto ad un elemento del mondo naturale.

Amerdàd

Amerdàd
(Mitologia Persiana).
Nome che gli antichi Persiani davano ad un buon genio per merito del quale i frutti, creati dal dio Ormuzd, avevano sapore. Presiedeva alle acque.

Amente o Iment

Amente o Iment
(Mitologia Egizia).
Divinità del regno dell’oltretomba, contraddistinta nelle raffi-gurazioni da una piuma posta sul capo.
Il nome A., che significa occidentale, designa il "regno dei morti” che, secondo la credenza degli Egizi, il sole percorreva dopo il tramonto.

Amenophis

Amenophis
(Mitoligia Egiziana).
Cosi venne chiamato dai Greci Amenothes, figlio di Hapu, ministro di Amenophis III, che visse nel XIV secolo a. C. e che, per la sua saggezza, fu divinizzato.

Ame no Mi-naka-nushi (Signore del centro augusto del cielo)

Ame no Mi-naka-nushi (Signore del centro augusto del cielo).
Secondo la mitologia shintoista, una delle tre divinità primarie, nate dalla materia per generazione spontanea.

Ambròsia

Ambròsia
(Mitologia Greca).
Cibo degli dei, come il nettare ne era la bevanda; conservava loro l’immortalità e l’eterna giovinezza. Con tale nome OMERO chiama anche un unguento divino che aveva il potere di risanare le ferite. L’a. si trovava nell’orto delle Esperidi, ed erano le colombe a portarla in volo agli dei. Per alcuni autori, come ALCMANE e SAFFO, l’a. era bevanda e il nettare invece cibo.

Ambarvàlia

Ambarvàlia.
Feste che si celebravano a Roma nel mese di maggio in onore di Cerere, per ottenere la purificazione delle messi. Erano presiedute da un collegio di dodici sacerdoti chiamati Fra-telli Arvali e consistevano nel sacrificio di una pe-cora, di un maiale e di un toro (suovetaurilia) che, prima di essere immolati, venivano condotti dai contadini in processione per tre volte attorno ai confini dei loro campi.

Bibliografia:
CATONE: De Agricuttura; TIBULLO: Elegie, I; VIRGILIO: Georgiche, I.

Amàzzoni

Amàzzoni (dal greco dmazos = col seno reciso).
Popolo di donne guerriere originarie, secondo la leggenda, della Cappadocia, dove abitavano nella valle traversata dal fiume Termodonte. Si dice che esse si bruciassero o tagliassero la mammella destra per potere più agevolmente tirare con l’arco.
Non ammettevano fra loro gli uomini, e una sola volta all’anno si univano con i Gargareni; ma uccidevano (secondo Giustino) O storpiavano (secondo Diodoro) i figli maschi appena nati da queste unioni, allevando con gran cura solo le femmine. Alcuni autori narrano invece che presso le A. vivevano anche degli uomini, ma solo come schiavi.
Le A. soggiogarono la Crimea e la Circassia, si resero tributarie la Coichide, l’Iberia e l’Albania, spingendosi fin nella Scizia e parteciparono sotto la guida di Pentesilea, uccisa da Achille, alla guerra di Troia. Furono combattute da Bellero-fonte, da Teseo che ne sposò la regina Ippolita, e da Eracle che le distrusse quasi completamente.
Bibliografia.
DIODORO SICULO: Biblioteca; APOLL0D0RO: Biblioteea; SENECA:
Ercole sul monte Oeta; STA0I0: Tebaide, v e XII; IGIN0: Favole XIV e
CLXIII; GIUSTINO, Il; T. TASSO: Gerusalemme Liberata, XX.

Amatunte

Amatunte
Città dell’isola di Cipro consacrata ad Afrodite, che ebbe per tal motivo il soprannome di Amatusia. I suoi abitanti vennero tutti tramutati in tori dalla dea, sdegnata perché, contro la sua volontà, le venivano sacrificati gli stranieri.

Amaterasu Oho mi-kami (Grande augusta dea che risplende nel cielo)

Amaterasu Oho mi-kami
(Grande augusta dea che risplende nel cielo).
Dea del sole, è la divinità più importante della mitologia giapponese, ancor oggi venerata come antenata della famiglia imperiale. Si narra nel Kojiki, il più antico dei libri classici dello Shintoismo, compilato da YASUMARO nel 712 d. C., che la dea nacque dall’occhio sinistro di Izanagi. Fu lei ad insegnare agli uomini la colti-vazione del riso, l’allevamento del baco da seta e l’arte del tessere. Era sorella del cattivo Susa-nowo, il quale un giorno la spaventò talmente da indurla a nascondersi in una caverna, privando cosi gli uomini della sua benefica luce. Insensibile all’offerta di doni e alle invocazioni degli altri dei, la Grande dea del sole si rifiutava di uscire dalla grotta; allora la divina Uzume si mise a ballare sfrenatamente, suscitando le risa delle ottocento miriadi degli dei celesti. A tanto baccano A., sor-presa, socchiuse la porta e disse (Kojiki, XVI.):
"
... In seguito al mio ritiro, la distesa del cielo dovrebbe pur essere, a mio avviso, assolutamente al buio, e anche il paese di mezzo dei campi di giunco (il Giappone) dovrebbe trovarsi nell’oscurità. Come avviene dunque che Uzume sia cosi allegra e che ridano anche tutte le ottocento miriadi degli dei? ». Allora parlò Uzume e disse: «Noi godiamo e siamo allegri perché c’è una divinità che è ancora più splendente di Tua Altezza ». Mentr’essa parlava, Koyane e Futo-tama tesero lo specchio presentandolo reverentemente ad Amaterasu. Allora Amaterasu, sempre più meravigliata, venne a poco a poco fuori della porta, e guardò; in quel momento Tachikara-wo, che stava in agguato, la prese per la sua augusta mano e la trasse fuori . . . Essendo dunque Amaterasu uscita fuori, tornarono naturalmente ad essere illuminati la distesa dell’alto cielo e il paese di mezzo dei campi di giunco.
"
C'é chi vede in questa interpretazione mitica, la descrizione dell’eclissi solare e il riferimento ai riti agricoli dell’antichità.
In seguito la dea decise di assoggettare per il proprio figlio Oshi-ho-mi-mi il Giappone, gover-nato da Oho-Kuni-nushi. Ma il giovane dio non se la senti di guidare l’agitata umanità e rinunciò in favore del figlio Xinigi .

Amata

Amata
(Mitologia Romana).
Moglie di Latino, terzo re del Lazio; fu ostile ad Enea e favorevole a Turno, cui aveva promesso in moglie la propria figlia La-vinia. Alcuni autori narrano che essa uccise i suoi due figlioli quando seppe che, d’accordo col padre, avevano stabilito di far sposare Lavinia ad Enea. A. si impiccò prima di conoscere la disfatta e la morte di Turno. Dice VIRGILIO (Eneide, XII, 962-981):
In questo tempo un infortunio orrendo,
Timor, confusione e duolo accrebbe
Agli afflitti Latini, e pose in pianto
Il popoi tutto; e fu che la reina,
Visto da lunge incontro a la cittade
Venire i Teucri, e già le faci e l’armi
Volar per entro, e più nulla sentendo
O vedendo de’ Rutuli o di Turno,
Onde aita o speranza le venisse,
Si credé la meschina che già l’oste
Fosse sconfitto, e, ‘1 genero caduto,
Ogni cosa in ruina. E presa e vinta
Da subito dolore, alto gridando:
«Ah! ch’io la colpa — disse io la cagione,
Io l’origine son di tanto male».
E dopo molto affliggersi e dolersi,
Già furiosa e di morir disposta
Il petto aprissi, e la purpurea vesta
Si squarciò, si percosse, e dell’infame
Nodo il collo s’avvinse, e strangolossi.